La coda


Il racconto fa parte del libro “Phishing e altri racconti” che riunisce i racconti per i quali è stato mostrato particolare gradimento dagli utenti di WordPress, Facebook, Linkedin, e Tumblr.

La coda

«Papà mi faresti un favore?».

«Certo Mario, dimmi pure».

«È uscita una nuova collezione di Omega x Swatch, prodotta in serie limitata e acquistabile solo domani, fino a esaurimento scorte. La collezione celebra lo Speedmaster Moonwatch, il primo orologio indossato sulla luna ed è composta da undici modelli ognuno dei quali rappresenta un corpo celeste del sistema solare, dal sole ai pianeti. Se ti fosse possibile ti chiederei di acquistare per me un modello della collezione. Mi faresti un grande piacere, perché domani ho un impegno con Giusy e i ragazzi e non vorrei perdere l’occasione di acquistare un pezzo unico». 

«Va bene. Nessun problema. Dimmi, cosa devo fare?». 

«Dovresti andare al negozio Swatch in via Vittorio Emanuele non più tardi delle 9:00 di domani. Si trova sulla destra, scendendo verso il Duomo, subito dopo l’angolo con piazza San Carlo. Ci sarà un po’ di gente. Dovresti acquistare il modello Mission Moon che ricorda il viaggio dalla Terra alla Luna. Dovrebbe costare poco meno di 300 euro. Poi ti rimborserò».

«Non preoccuparti per il rimborso. E se fosse esaurito? Potresti indicarmi un modello alternativo?».

«Se il modello Moon non fosse disponibile, dovresti per favore acquistare il modello Earth». 

«Ok, domani mattina alle 8:30 sarò al negozio Swatch in piazza San Carlo. Acquisterò il modello Mission Moon o, in alternativa, Earth. 

Mario era un quarantenne molto bravo sul lavoro e un padre amorevole dei due nipoti di Enrico. Fin da bambino aveva avuto la passione per gli orologi. Enrico avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, non solo acquistare un orologio. 

La mattina seguente, alzatosi di buonora, Enrico prese la metropolitana, scese a San Babila e si addentrò sotto i portici all’inizio di via Vittorio Emanuele. Mentre camminava, intravedeva all’uscita dei portici, in piazza San Carlo, un assembramento di persone che, man mano si avvicinava, si materializzava in una coda. La coda iniziava in via Vittorio Emanuele, una cinquantina di metri più in giù, verso il Duomo, per poi svoltare con un grande raggio verso piazza San Carlo. Non si trattava di una fila indiana, ma di una serie di tre o quattro persone affiancate. Enrico fece un calcolo rapido. Si trattava di qualche centinaio di persone. Seguendo le regole della buona creanza, avrebbe dovuto mettersi all’inizio della coda, cosa che avrebbe comportato un’attesa lunghissima e compromesso il mandato ricevuto di acquistare il modello Moon o almeno Earth. Forzando il suo imperativo categorico, si intrufolò nella coda. Probabilmente le persone si fecero da parte pensando che volesse passare per continuare la passeggiata nella piazza. Invece si fermò nel mezzo della coda e, notando che nessuno dei presenti proferiva verbo, forse a causa dei suoi capelli bianchi, si scusò educatamente spiegando di essersi infilato come un portoghese per soddisfare il mandato del figlio collezionista di orologi. Le persone capirono la situazione e non fecero commenti anche perché si trattava per lo più di giovani sui quarant’anni, la maggior parte dei quali collezionisti di orologi, in coda per conquistare un modello della collezione. Uno di loro, un ragazzo sui vent’anni, gli chiese cosa volesse dire fare il portoghese. Enrico, approfittando dell’assist offerto dal ragazzo, rispose: «Perché si dice fare il portoghese? In realtà i portoghesi non sono soliti fare i furbi per saltare le code. Questo modo di dire è nato da un equivoco. Nel Settecento il Portogallo era una grande potenza mondiale con ambasciatori in ogni nazione, tra cui la Corte Papale. Un giorno l’ambasciatore portoghese a Roma organizzò uno spettacolo di grande successo in un famoso teatro e invitò tutti i portoghesi presenti in città ad assistervi gratuitamente. Per entrare gratis al teatro bastava dichiararsi portoghesi. L’idea di poter assistere allo spettacolo senza pagare il biglietto era talmente allettante che in molti cercarono di entrare dichiarando di essere portoghesi. Da qui il detto “fare il portoghese”». Il racconto riscosse molto successo tra gli astanti.

Un altro ragazzo, sui trent’anni chiese quale modello avrebbe acquistato per il figlio.

«Il Moon o, in alternativa l’Earth, se fosse esaurito». 

«Ottima scelta», confermò il ragazzo. 

Passò una mezz’ora senza che la coda avanzasse di un centimetro. Alcuni addetti alla sicurezza della Swatch passarono lungo la coda per avvertire che il negozio avrebbe aperto non prima delle 11.00. Enrico pensò che sarebbe stato meglio bere un caffè e chiese se qualcuno volesse accompagnarlo al bar San Carlo, proprio di fronte, all’angolo interno della piazza. Accettarono due ragazze che bevvero con lui il caffè accompagnato da una piccola brioche, una delle specialità del locale. Enrico ne acquistò una decina per gli altri giovani in coda facendole scegliere dalle ragazze. Fu un’ottima idea. Le brioche andarono a ruba ed Enrico diventò molto popolare tra i giovani in coda. 

Alle undici il negozio aprì ma per mezz’ora non si registrò alcun apprezzabile avanzamento della coda. Gli argomenti di conversazione con i presenti erano ormai esauriti. I più alti di statura, tra cui Enrico, cercavano di intuire cosa stesse succedendo all’ingresso del negozio. Sembrava che non più due o tre persone entrassero nel negozio e che non ne uscissero prima di cinque minuti. Davanti a loro c’erano almeno 100-120 persone. Enrico fece due conti: tre persone ogni cinque minuti, quaranta all’ora, tre ore di attesa! Un’eternità! 

Purtroppo, il suo calcolo era corretto. Dopo un’ora e mezza, alle 12.30, si trovavano ancora in coda in mezzo a piazza San Carlo. Enrico non riusciva più a stare in piedi. Le gambe gli si erano indurite e i piedi gli pesavano, avrebbe dovuto sedersi subito. Disse che si sarebbe allontanato momentaneamente dalla coda per cercare una sedia, quando una ragazza robusta dal viso gentile estrasse dallo zaino un mini-seggiolino pieghevole. Era simile a quello che aveva usato nei primi anni ‘60 per seguire le lezioni durante i primi due anni del Politecnico, quando le aule erano stracolme di studenti. «Benedetta ragazza! Grazie mille, sei la gentilezza in persona. Non ce la facevo proprio più». Si sedette a riposare, ma dopo un quarto d’ora dovette farsi aiutare per rialzarsi. L’età, si sa, a volte è implacabile.

Mentre la coda avanzava lentamente ma, per fortuna, inesorabilmente, gli addetti alla sicurezza comunicarono che erano rimasti un centinaio di orologi e che alcuni modelli, come il Moon e il Mercury erano esauriti. Sarebbe riuscito a soddisfare la richiesta di Mario? Poco prima delle 14.00 giunse il suo turno. Entrò nel negozio con altre due persone, non più giovani. 

«Vorrei un Earth. Ce ne sono ancora?», chiese.

«Ecco, questi sono gli ultimi due». 

«Quanto costa?».

«275 euro».

Pagò con l’app del cellulare. «Grazie mille», disse, ed uscì rapidamente dal negozio per fare in modo che l’attesa degli altri fosse più breve, anche di poco.

Erano passate cinque ore e mezza da quando si era messo in coda. Molti di coloro che erano ancora in coda non sarebbero riusciti ad acquistare nemmeno un modello della serie limitata che, il giorno dopo, avrebbe avuto un valore di mercato superiore a 1.500 euro.

Tuttavia, il profitto fu effimero, perché in seguito si scoprì che la serie non era limitata come tutti avevano creduto per alcuni giorni dopo l’acquisto di Enrico.

 

 

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