Il racconto é tratto dal libro La moglie nuora e altri racconti che raccoglie sedici storie briose, più o meno brevi e di piacevole lettura. Narra la storia di una badante di una coppia agiata di anziani, lei ammalata, lui ancora pimpante, che decide di prendere il controllo della situazione. A tal fine prima irretisce il marito poi elimina la moglie con un meccanismo non comune. Commette però una errore che le costerà dieci anni di carcere al termine dei quali sposerà il ricco vedovo.
La moglie nuora e altri racconti è stato pubblicato ed è disponibile presso Youcanprint. Inoltre si può trovare presso Amazon e le librerie online e fisiche di Mondadori, Hoepli, Feltrinelli, ibs.it. L’editing del racconto è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.
L’editing del racconto è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.
La badante (Valentima)
Dalla cronaca del quotidiano “La Provincia di Pordenone”: La magistratura sta indagando sulla morte della signora Rosaclara Taramelli che, come noto, cessò di vivere due sere fa a causa di un infarto cardiaco acuto. A seguito di autopsia, richiesta dal magistrato in caso di morte improvvisa, il medico legale ha escluso l’infarto riscontrando una lesione al muscolo cardiaco portata meccanicamente da un agente esterno. Si attendono sviluppi che saranno resi disponibili non appena noti.
Rosaclara, detta Rosy, gentile signora sessantanovenne, era sposata da 48 anni con Vincenzo, coetaneo di bell’aspetto, giocatore di golf e di carte, sempre abbronzato per le nove buche che faceva a giorni alterni. Vivevano a Pordenone da soli, nella casa di famiglia, dopo che la figlia Gabriella, con il nipote, aveva raggiunto il marito, manager di un grande albergo a Parigi. Il figlio maschio, Luigi, ingegnere all’ENI, si era trasferito tre anni prima con la moglie in Nigeria dove sarebbe rimasto per almeno altrettanti anni. Vincenzo e Rosy avevano passato anni molto felici insieme. Lui era stato il direttore generale di un importante ente regionale, cosa che gli aveva consentito di percepire stipendi superiori alla media e una pensione cosiddetta d’oro dagli invidiosi. Erano tanto amorevolmente legati che gli amici li chiamavano con affetto Filemone e Bauci, dai nomi dei due anziani contadini delle Metamorfosi di Ovidio, che si amavano immensamente. Ciononostante, Vincenzo e Rosy dormivano in camere separate come i regnanti, anche perché con l’età preferivano così.
Una mattina Vincenzo, prima di recarsi al golf a giocare con un amico, passò a salutare Rosy che gli disse di non riuscire a muovere bene una gamba e di sentirsi un po’ strana. “Strana come, amore mio?”, domandò Vincenzo. “Strana, caro, non ti sei mai sentito strano?”. Vincenzo capì che c’era qualcosa che non andava. Chiamò con urgenza il dr. Brugnaro, il medico di famiglia suo amico, che venne di corsa e, dopo avere visitato Rosy, in separata sede gli comunicò: “Meglio chiamare subito il 118. Ci sono tutti i sintomi di un ictus”.
Così fecero. L’autoambulanza arrivò subito e Rosy fu trasportata all’ospedale dove fu confermata la diagnosi di ictus. Lì rimase due settimane prima di essere trasferita a un centro specializzato in riabilitazione neurologica in cui restò altri due mesi. Vincenzo smise di giocare a golf per stare vicino alla moglie per tutto il periodo di ospedalizzazione, nonostante Rosy gli avesse raccomandato di ridurre l’impegno, ma non abbandonare il golf. Gli ultimi quindici giorni trascorsi al centro furono dedicati alla terapia occupazionale, essenziale per ricuperare gran parte delle azioni e attività quotidiane messe in grandissima difficoltà dall’ictus. Ciononostante, quando Rosy tornò a casa il dr. Brugnaro e Vincenzo decisero di seguire il consiglio del centro di riabilitazione che aveva raccomandato che Rosy fosse affiancata da un’assistente per anziani, una badante. Un’agenzia specializzata ne segnalò una molto referenziata: bielorussa, di Minsk, trentatreenne, ingegnere nel suo paese, si era messa in gioco come badante per iniziare a inserirsi nel tessuto lavorativo del paese che l’ospitava. Aveva seguito un corso per badanti di sei mesi, col quale aveva appreso tutto il necessario. Parlava un discreto italiano. Grande atout della badante, il cui nome era stato italianizzato in Valentina, era la bellezza fuori dal comune. Una bionda affascinante, come le russe possono esserlo, a detta degli amici di Vincenzo e del dr. Brugnaro che continuava a seguire Rosy.
Valentina era molto organizzata ed efficiente: la sua forma mentis le imponeva di programmare tutto con il dovuto anticipo ed eseguire le azioni nel modo migliore e più economico, seguendo il programma. Anche per questo motivo non era soddisfatta di come si disimpegnava il personale della casa – cuoca e donna di servizio – che secondo il suo parere buttava via metà del tempo. Questo fu lo spunto utilizzato da Valentina per acquisire il controllo della gestione della casa. Un giorno disse ai coniugi, parlando nel suo italiano: “Sono con voi da oramai sei mesi e ho avuto occasione di studiare bene l’andazzo della casa. Mia opinione che buttate via molti euro con cuoca e donna servizio. Io posso fare anche cuoca mentre sufficiente donna polizie giorni quinconce e donna stiro due volte settimana. Grande risparmio e maggiore efficienza!”.
Vincenzo e Rosy, che subivano il fascino di questa valchiria super efficiente e sempre molto disponibile, accettarono la proposta e le diedero carta bianca. Valentina prese così le redini della gestione della casa decidendo autonomamente qualsiasi cosa e informando i coniugi di tanto in tanto, come fossero gli azionisti di una società. I cordoni della borsa erano però saldamente nelle mani di Vincenzo che aveva sempre gestito il patrimonio famigliare, inclusi immobili, vari conti correnti e fondi di investimento. Il piano di Valentina era però prendere il controllo di tutto, incluse le finanze e proprietà della famiglia. Perché ciò si avverasse avrebbe dovuto stare molto attenta affinché i figli e i rispettivi consorti non subodorassero nulla, anzi, fossero certi di avere lasciato i genitori in buone mani. Così, quando vennero in visita in occasione delle feste di Natale, Valentina mantenne un comportamento ineccepibile che piacque a figli, consorti e nipoti.
Il suo piano era arrivare al controllo del tutto in tre passi successivi: a) irretire Vincenzo; b) eliminare Rosy; c) sposare Vincenzo. Come irretire Vincenzo? Nel pomeriggio, mentre Rosy riposava in camera, Valentina usava prendere una doccia nell’ex bagno dei figli, ora riservato agli ospiti, vicino alla propria camera. Un pomeriggio, invece, Valentina andò a lavarsi nella vasca che si trovava nel bagno principale a lato della camera matrimoniale dove dormiva Vincenzo. Sapeva che a metà pomeriggio lui avrebbe usato il bagno grande: riempì la vasca e vi sedette in attesa del suo arrivo: quando sentì che la porta si stava aprendo, si alzò in piedi nella vasca mostrando tutta la sua straordinaria e statuaria avvenenza. Senza cercare di coprirsi in qualche modo, chiese a Vincenzo, rimasto sulla porta come imbalsamato, di passarle l’accappatoio. Vincenzo entrò nel bagno e, in ammirazione della totale magnifica nudità di Valentina, solo vagheggiata sotto la sua uniforme, la aiutò a indossare l’accappatoio, cogliendo l’occasione di guardare da vicino tutto quel ben di Dio. Così Vincenzo era cascato nella rete e il primo dei tre passi era stato bene avviato. Nel giro di una settimana, approfittando del riposo pomeridiano di Rosy e dell’assenza della servitù, i due trascorrevano alcune ore in amorosi conversari, nonostante l’età avanzata di Vincenzo, la cui sessualità era stata risvegliata dalla carica erotica della badante.
A questo punto Valentina avrebbe dovuto attuare il secondo passo e, allo scopo, aveva già vagliato alcune possibilità:
- l’avvelenamento all’arsenico: non andava bene perché, da quanto letto su Wikipedia, l’arsenico sarebbe stato scoperto subito, e lei sarebbe stata la prima indiziata;
- l’avvelenamento al plutonio: utilizzato in Russia, avrebbe lasciato poche tracce, ma non sarebbe stato facile reperire l’elemento chimico;
- la simulazione di una rapina con l’uccisione di una dei rapinati: esclusa perché avrebbe coinvolto in qualche modo Vincenzo che doveva rimanere assolutamente estraneo all’eliminazione di Rosy.
Proprio mentre stava valutando le alternative per il delitto, vide alla televisione un documentario sull’imperatore Francesco Giuseppe e sua moglie Sissi, assassinata a Ginevra alla fine dell’ottocento da un anarchico italiano per mezzo di uno spillone infilato nel cuore. L’anarchico aveva atteso l’imperatrice nei giardini dell’hotel dov’era alloggiata e, dopo averla incrociata, l’aveva spinta violentemente a terra piantandole uno spillone dritto nel cuore. Valentina pensò: “Se l’anarchico è riuscito nell’intento perché non dovrei farlo io, con tutta la calma necessaria, mentre Rosy è addormentata? Con questo stratagemma nessuno, e tantomeno Vincenzo, si renderebbe conto”.
Organizzò tutto per bene, come sapeva fare. La sera in cui Vincenzo si trovava all’assemblea del circolo del golf, mise a letto Rosy, aspettò che si addormentasse poi la sedò appoggiandole su naso e bocca cotone imbevuto di cloroformio. Le pose, poi, sotto la parte sinistra della schiena, in corrispondenza del cuore, una tavoletta di legno che aveva acquistato qualche giorno prima. Prese lo spillone appuntito – lungo circa trentacinque centimetri – che aveva comperato in un negozio di ferramenta, chiedendo di uno spiedino gigante per barbecue. Seguendo le istruzioni impartite nel corso di badante trovò la posizione esatta del cuore. Poi, dando un colpo deciso, infilò lo spillone nel torace di Rosy che ebbe un piccolo sussulto e smise di respirare. C’era riuscita, anche se non era stato facile. Era però la condizione necessaria per il terzo passo che le avrebbe permesso di fare la signora per il resto della vita.
Ma non aveva tenuto in conto che la ferita, seppure molto piccola, avrebbe sanguinato e sporcato la maglietta e la camicia da notte. Per prima cosa la spogliò, tamponò le ferite sul torace e sulla schiena in modo che, una volta rimarginate, lasciassero solo due segni simili a nei. Poi le mise una maglietta e una camicia da notte pulite. Prese con sé maglietta e camicia da notte sporche di sangue, le mise in un sacchetto con la tavoletta e lo spillone, spense la luce e andò in camera sua.
Quella notte Vincenzo rientrò tardi e andò direttamente a letto. La mattina dopo, abbastanza presto, si recò a salutare la moglie. Si avvicinò al letto, la baciò – sembrava che dormisse – e si rese conto che era gelata. Pensò al peggio: chiamò immediatamente il dr. Brugnaro che, dopo un rapido esame, diagnosticò che un infarto cardiaco acuto aveva causato la morte di Rosy, nel sonno.
La figlia Gabriella si trovava in città presso la suocera che aveva avuto problemi di salute. Il giorno prima del decesso era passata a visitare Rosy, rimasta a letto tutto il giorno perché si sentiva debole. Vincenzo le telefonò e la pregò di correre a casa perché la mamma stava molto male. Arrivata, Gabriella vide la madre morta. Non riusciva a capacitarsi come le fosse stato possibile morire di infarto acuto non avendo mai avuto problemi di cuore. Nell’esaminare il viso di Rosy per trovare una spiegazione all’accaduto, commentò: “Ieri pomeriggio la mamma aveva una camicia da notte diversa da quella che porta ora. Come mai? Chi gliel’ha cambiata? È stata lei Valentina?”. “Sì, signora, l’ho cambiata questa mattina”, rispose la badante, “Va bene, grazie”.
La notte precedente, prima del rientro di Vincenzo, Valentina aveva sotterrato in giardino il sacchetto con maglietta, camicia da notte, tavoletta e spillone. A seguito della risposta data a Gabriella, Valentina sarebbe dovuta andare, al più presto, a ricuperare il sacchetto, lavare la camicia da notte e riunirla con la biancheria da stirare. Doveva però aspettare il momento propizio, in cui nessuno l’avrebbe vista. Quel momento non venne mai. Infatti, la mattina in cui fu scoperto il cadavere, un magistrato amico di Vincenzo, venuto a sapere dell’accaduto, ordinò che fosse eseguita con urgenza un’autopsia, esame che fu compiuto nel pomeriggio dello stesso giorno. Il medico legale stabilì che la morte era stata “causata da un’agente esterno filiforme che aveva trapassato il miocardio della defunta”. Appena noto il risultato, il magistrato avviò immediatamente le indagini. La mattina del giorno dopo giunse alla casa un vice commissario di polizia che interrogò Vincenzo, Valentina e, di seguito, la donna delle pulizie e la stiratrice. Nello stesso tempo gli agenti arrivati con il vice commissario perlustrarono la casa alla ricerca dell’oggetto appuntito, di legno, di metallo o di vetro che fosse, che aveva causato la morte di Rosy. Fu perlustrato anche il giardino con l’aiuto di una coppia di cani addestrati che, dopo avere annusato un indumento della defunta, seguirono le tracce per fermarsi entrambi in un punto dove la terra era stata smossa di recente e in parte compattata di nuovo: lì trovarono il sacchetto occultato da Valentina.
L’esame del contenuto rilevò la presenza di: una maglietta e una camicia da notte sporche di sangue, una tavoletta di legno e uno spillone, l’oggetto contundente che gli agenti stavano ricercando. Valentina capì di essere stata incastrata. Fu immediatamente arrestata anche perché non poté negare di avere detto a Gabriella di avere cambiato la camicia da notte a Rosy, affermazione confermata da testimoni. Negli interrogatori che seguirono, per evitare che Vincenzo fosse coinvolto nell’omicidio, Valentina confessò di avere ucciso Rosy, simulando un arresto cardiaco, con lo scopo di occultare il furto di alcuni gioielli della defunta.
Vincenzo, riservatamente, pregò un noto avvocato suo amico di assumere, a sue spese, la difesa di Valentina. L’avvocato, dopo avere tentato l’impossibile, chiese il rito abbreviato e invocò le attenuanti del caso. La sentenza risultò non particolarmente severa. Valentina fu condannata a quindici anni dei quali scontò solo dieci, per buona condotta. Uscì dal carcere all’età di quarantatré anni, ancora molto bella e piacente. Vincenzo, che aveva mantenuto con lei contatti discreti durante la reclusione, prima che Valentina lasciasse il carcere vendette la casa di città per trasferirsi in campagna in una bella villa. Assunse Valentina come badante e dopo qualche mese la sposò civilmente, segretamente, nonostante l’opposizione dei figli che non avrebbero mai pensato di avere per matrigna l’assassina della madre.