Ucraina. La fine della guerra è vicina


Andriy Yermak, l’uomo più potente di Kiev dopo Zelensky, non poteva non sapere. Nessun sistema corruttivo di quelle dimensioni si muove senza che il capo di gabinetto – il vero controllore del palazzo presidenziale – ne percepisca l’esistenza. Zelensky ne era al corrente. Magari non dei dettagli, ma abbastanza da capire che attorno ai ministeri si muoveva qualcosa che sapeva di marcio. Il tentativo di mettere un guinzaglio alle agenzie anticorruzione è stato il segnale più chiaro: il potere aveva paura.

Le intelligence americane monitoravano tutto da mesi. Lo scandalo non è esploso, è stato fatto esplodere: una bomba sganciata nel momento in cui Kiev era più fragile, quando la stanchezza della guerra e le richieste di aiuto diventavano croniche.

Ora Zelensky è stretto all’angolo. Non ha più margine: o accetta un negoziato scritto altrove — tra Washington e Mosca — o viene travolto. Le condizioni sono molto più vicine alle pretese russe che alle ambizioni ucraine. In cambio, al presidente verrà con ogni probabilità garantita la sopravvivenza politica e forse anche quella fisica.

Quando la guerra finirà, si andrà a nuove elezioni. E il Paese scoprirà se riuscirà a scegliersi un leader capace di non cadere di nuovo nell’abbraccio velenoso delle influenze esterne.

Scritto con l’aiuto di ChatGPT

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