Il modello


o006_noseda_cover_15x21_25062018 copiaRacconto pubblicato nel libro intitolato Le chiavi di Portofino e altri racconti. Uno studente di fisica, con il consenso e supporto economico del padre, costruisce il modello di un sistema di mitigazione delle temperature per verificare la possibilità di mantenere l’atmosfera della città di Como alla temperatura di 20-22° durante l’estate e l’inverno. Sperimenta positivamente il modello con il quale partecipa a un concorso per giovani inventori vincendo il secondo premio. Nonostante gli evidenti benefici in temimi di risparmio energetico e di miglioramento delle condizioni ambientali, la sperimentazione non trova pratica applicazione per l’elevato costo iniziale.

Le chiavi di Portofino e altri racconti é disponibile presso Youcanprint, Amazon e le librerie online e fisiche di Mondadori, Hoepli, Feltrinelli, ibs.it. L’editing del racconto è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.

Una volta cliccato sul link con una delle librerie, inserite in “cerca” Edoardo Noseda e troverete tutti i libri da me pubblicati. Buon acquisto e Buona lettura. 👍

Il modello

Alessandro era uno studente al terzo anno di Fisica alla Università dell’Insubria, comasco come Volta – il fisico settecentesco inventore della Pila – di cui portava il nome. Era uno studente brillante, tra i primi del corso. Secondo di tre figli, era sempre stato considerato dal padre ingegnere un ragazzo creativo, capace di ideare cose impensabili ai più. Aveva realizzato per la sua ragazza una magnifica borsa trasparente utilizzando strisce colorate di materiale plastico e aveva ideato, disegnato e assemblato orologi da polso molto originali. Inoltre, con un amico, aveva creato una startup per promuovere una gamma di gelati nuovi nel gusto, serviti tra due cialde importate dal Giappone.  La vendita dei gelati, con il tipico carrettino, a sagre, ricevimenti, matrimoni e altre feste, aveva riscosso grande successo.

Un giorno d’estate in cui stava preparando un esame, con temperature esterne di 36°C, percepite di 40°, il fratello minore Marco, che frequentava la seconda media, gli disse: “Com’è possibile che nessuno abbia mai risolto il problema delle estati troppo caldi e degli inverni troppo freddi? Come fare per accumulare il freddo dell’inverno per rinfrescare l’estate e, viceversa, accumulare il caldo d’estate per riscaldare l’inverno? Così si potrebbe mantenere una temperatura sui 20-22 °C sia in estate che in inverno. Oggi disponiamo di moltissimi mezzi e tecnologie che solo qualche decennio fa non si pensava potessero esistere”. “Ho fatto una ricerca”, continuò Marco, “e ho trovato un esempio in piccolo di quanto dicevo. Nel medioevo gli alimenti deperibili, come la cacciagione, si conservavano in cantine profonde, scavate nel terreno e nella roccia, dove si stivavano con blocchi di ghiaccio provenienti da stagni o laghi che ghiacciavano durante l’inverno”. “Sì, quelle ghiacciaie si chiamavano giazere, da ghiaccio, in dialetto giaz”, commentò Alessandro“Una volta mi avevi spiegato, Alessandro, che se si aprisse la porta posta tra due locali contigui, della stessa dimensione, uno dei quali si trova alla temperatura di 10°C e l’altro di 30°, dopo qualche tempo la temperatura dei locali si assesterebbe a circa 20°C, media dei due valori”. “È vero, teoricamente é così”, confermò Alessandro. “Anche il nostro pianeta”, continuò Marco, “è un grande bilocale. Le stagioni nell’emisfero settentrionale sono sfasate rispetto a quelle dell’emisfero meridionale. Quando da noi è inverno, nell’altro emisfero è estate e quando da noi è primavera là è autunno. Basterebbe trovare come aprire la porta”. “Che idea!”, commentò Alessandro, “peccato che non sia attuabile perché le due camere sono separate da un’altra camera, la fascia equatoriale, che si trova tutto l’anno a temperatura elevata. Ad ogni modo mi congratulo con te”, continuò Alessandro, “sia per il quesito che hai posto, sia per avere sviluppato il tema con la ricerca. Approfondirò l’argomento e ti farò sapere”.

Alessandro aveva studiato che negli impianti di frazionamento dell’aria l’accumulo di freddo necessario per separare l’azoto dall’ossigeno avviene in grandi torri piene di pietre. Le pietre accumulano molto bene sia il freddo che il caldo. Se si mette nel freezer un sasso e poi lo si prende in mano, si deve stare attenti, se è liscio, a che non si attacchi alla pelle delle mani. La stessa cosa vale per un sasso messo in un forno, la classica pioda da barbecue. C’è da stare molto attenti a non scottarsi. Inoltre, ricordava che il nonno gli aveva raccontato del progetto mai realizzato di abbattere la montagna in corrispondenza del Passo del Turchino in modo che l’aria temperata della Liguria invadesse la pianura padana cambiandone radicalmente il clima. Sicuramente avrebbe ridotto la nebbia. Proprio come aprire, o meglio, abbattere la porta tra Liguria e Piemonte.

Come miscelare aria calda e aria fredda, sfruttando la notevole differenza di temperatura tra estate e inverno? Dove e come accumulare aria calda e aria fredda in grandi quantità? In tutta Europa, ricordò Alessandro, per immagazzinare gas metano sotto pressione si utilizzano le enormi capacità di accumulo offerte sia da giacimenti petroliferi o gassiferi esauriti sia da caverne la cui superficie interna è stata opportunamente sigillata. E, allo stesso modo, se per immagazzinare aria calda e aria fredda si usasse la capacità delle caverne sotterranee sfruttando l’effetto isolante del terreno e la proprietà delle pietre di accumulare il caldo e il freddo? Caverne immense potrebbero immagazzinare d’estate aria calda sotto pressione, da rilasciare d’inverno per aumentare la temperatura dell’aria. Inoltre, altre caverne potrebbero immagazzinare d’inverno aria fredda sotto pressione, da rilasciare d’estate per diminuire la temperatura dell’aria. Seguendo questi pensieri provò a dare una base tecnico-scientifica alle sue elucubrazioni prendendo come riferimento un’area di medie dimensioni.

Ciclo invernale: Da una o più caverne dette Calde si immetterebbe nella atmosfera aria calda mentre dalla parte opposta si preleverebbe aria fredda per iniettarla sotto pressione nelle caverne dette Fredde. Il rilascio di aria calda negli strati inferiori dell’atmosfera e il contemporaneo prelevamento di aria fredda dagli strati superiori, aiuterebbero la miscelazione dell’aria, favorendo il livellamento delle temperature.   Ciclo estivo: Dalle caverne Fredde si immetterebbe nell’atmosfera aria fredda mentre dalla parte opposta si preleverebbe aria calda per iniettarla sotto pressione nelle caverne Calde. Il rilascio di aria fredda negli strati superiori dell’atmosfera e il contemporaneo prelevamento di aria calda dagli strati inferiori, aiuterebbero la miscelazione dell’aria, favorendo il livellamento delle temperature.

Per un conforto e supporto, Alessandro ne parlò al padre che gli disse che lo sviluppo dell’idea sarebbe stato un buon esercizio per lui e per Marco. “Per prima cosa dovete sviluppare il progetto e, affinché si possa dire che esiste il progetto, dovrete disporre delle cosiddette 3P: progettazione, preventivo di costo e programma delle attività per la realizzazione del progetto”. Il giorno dopo Alessandro raccontò al fratello il colloquio con il padre e gli spiegò la necessità di sviluppare il progetto prima di imbarcarsi nella sperimentazione di un modello. Ascoltando le sue elucubrazioni, Marco si entusiasmò all’idea di progettare con il fratello un sistema di mitigazione delle temperature.

Alessandro iniziò con la descrizione dei contenuti della sperimentazione ipotizzando che fosse applicata a una città di medie dimensioni. Come riferimento avrebbero preso la convalle di Como, ovvero la parte della città adagiata sulla piana morenica, circondata su tre lati da colline e sul quarto, dal lago. Per prima cosa sarebbe stato necessario costruire una maquette della convalle. Per avere un’idea andarono al Museo Civico dove c’é una maquette ben fatta della città di Como. Poi acquistarono dall’Istituto Geografico Militare la carta topografica della zona in scala 1:25.000. Alessandro valutò che la scala 1:10.000 sarebbe stata sufficiente per la maquette e avrebbe permesso loro di utilizzare, come base, il vecchio tavolo da ping pong. Per la sperimentazione avrebbero avuto bisogno di un locale molto grande che si sarebbe dovuto condizionare alla temperatura di 5°C – per simulare l’inverno – e di 35°C – per simulare l’estate -. Poi, avrebbero dovuto disporre di: (a) due grandi serbatoi a pressione per immagazzinare aria calda e fredda, (b) due sistemi di presa e compressione e due sistemi di immissione dell’aria calda e fredda, (c) tubazioni di collegamento e (d) strumentazione. Alessandro stimò che l’esperimento sarebbe durato due settimane e pensò che il tutto, a meno della maquette e del grande locale, si sarebbe potuto affittare da un idraulico. Dopo avere sentito l’idraulico di casa, fece una valutazione dettagliata del costo dell’affitto delle apparecchiature in circa 1.350 €, tutto incluso. Per ottemperare alla richiesta del padre preparò anche un programma di dettaglio dei quindici giorni di sperimentazione. Il padre apprezzò molto la formulazione delle 3P del progetto e mise a disposizione 1.500 € per la sperimentazione. Disse poi che alla maquette avrebbero dovuto pensare loro, con i loro soldi, mentre avrebbe chiesto la disponibilità di un ampio locale a un amico che aveva acquistato recentemente un grande magazzino in disuso.

La costruzione della maquette lì occupò per un bel po’ di tempo. Realizzarono le colline con cartapesta mentre per la città utilizzarono Lego di piccola e grande dimensione. Alla fine, il risultato fu più che accettabile. Parallelamente alla costruzione della maquette, Alessandro riprese contatto con l’idraulico che confermò che avrebbe affittato l’equipaggiamento per il periodo di tempo richiesto. Un compagno di università appassionato di strumentazione si occupò di scegliere gli strumenti più adatti per monitorare il funzionamento del sistema. Giunse il momento dell’assemblaggio del tutto. Il tavolo da ping pong con la maquette fu posto al centro dell’ampio magazzino messo a disposizione dall’amico del padre. Sulle colline della maquette vennero installate le prese per captare, e gli ugelli per diffondere, l’aria calda e fredda. All’esterno del magazzino furono poste le macchine per condizionare l’ambiente e sistemati sia due grandi serbatoi isolati termicamente, resistenti alla pressione, per simulare le caverne calde e fredde, sia compressori d’aria per stivare nei serbatoi l’aria calda e fredda. Tutte le apparecchiature furono collegate tra loro mediante tubazioni con la strumentazione necessaria per monitorare costantemente il funzionamento del modello. Prima dell’avvio della sperimentazione il padre verificò che tutto fosse a posto. Confermò che il rapporto tra il volume attorno alla maquette e il volume del grande locale era 3/1000, sufficiente per garantire i risultati della sperimentazione. Il tutto si svolse in venti giorni, prevalentemente nei pomeriggi. L’idraulico, visto l’impegno dei ragazzi e la novità dell’argomento accettò di non aumentare il prezzo dell’affitto. Furono eseguiti sette cicli invernali e sette estivi con risultati positivi. Le temperature medie misurate in prossimità della maquette oscillarono tra 19,3° e 21,8°C.

Dietro suggerimento del padre, Alessandro e Marco parteciparono a un concorso indetto dall’università di Parma, destinato a giovani innovatori. Alessandro preparò un fascicolo per la presentazione della sperimentazione chiamata pomposamente Modello di un sistema di mitigazione della temperatura dell’atmosfera di una città, corredato di foto-grafie della maquette e degli impianti, e da grafici e tabelle con i risultati della sperimentazione. Ottennero il secondo premio dietro un altro giovane che aveva presentato un drone capace di volare, spostarsi sul terreno e navigare.

La sperimentazione non ebbe pratica applicazione a causa dell’elevato costo iniziale, nonostante la valutazione costi-benefici, condotta da un professore universitario, avesse dimostrato la sostenibilità del progetto. È da immaginare il risparmio che si sarebbe ottenuto dal mancato utilizzo degli impianti di riscaldamento e di condizionamento nelle abitazioni, uffici e fabbriche della città, responsabili di un terzo del consumo equivalente di idrocarburi. Inoltre, non si dovrebbe dimenticare il beneficio che si sarebbe ottenuto dalla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ossidi di azoto e altri contaminanti, primi responsabili dell’inquinamento dell’ambiente. Pertanto, non si saprà mai se quanto sopra raccontato sia realmente fattibile in scala reale e non, invece, aria fritta.

 

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