
Un amore – Giulia è tratto da I racconti più belli, la raccolta dei racconti più belli contenuti nei libri intitolati La moglie nuora, Le chiavi di Portofino e Al Polo Sud, integrata da una mezza dozzina di inediti. Poco più di quaranta racconti suddivisi in due parti: nella prima i racconti sono tratti da avvenimenti e fatti accaduti, romanzati con nuovi fatti, eventi e personaggi. Nella seconda, in cui le protagoniste sono le donne, i racconti hanno una base di verità originale derivata da esperienze personali, di amici e conoscenti e da fatti di cronaca. Il quadro che risulta è talvolta surreale o, perlomeno meta-reale anche perché i racconti sono costruiti mixando fatti reali e immaginari, trasposti in tempi o luoghi diversi e popolati da personaggi di fantasia.
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L’editing del racconto è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.
Un amore – Giulia
Il Primo giorno dell’anno, all’uscita dalla messa, Enrico e la moglie Laura incontrarono Roberta con il marito, loro vecchi conoscenti. «Posso presentarti una persona?», gli chiese Roberta indicando una signora che si avvicinava sorridente nella penombra della chiesa. Era Giulia, sorella di Roberta, l’amica con la quale, poco più che ventenne, aveva avuto un breve e intensa relazione. Dopo qualche mese, Giulia era tornata dal fidanzato che aveva lasciato per mettersi con lui e si era sposata subito dopo. Sarà il caso ma un paio di mesi prima dell’incontro Enrico aveva saputo da un vecchio amico che Giulia era vedova da più di dieci anni e che il marito era morto di un male incurabile. Aveva due figli sposati che vivevano con lei a Pistoia dove Antonio, il marito, aveva posseduto una fabbrica di serrature, ceduta subito dopo la sua scomparsa.
Tutto questo gli era passato nella mente mentre andava incontro a Giulia. Sebbene fosse presente Laura, molto gelosa nonostante l’età, Enrico le strinse la mano e le diede un bacio. Il contatto con la guancia e la mano lo riportò con un istantaneo flash back ai primi anni di Liceo quando si erano conosciuti e frequentati. Le belle mani con le unghie curate, il corpo slanciato, le gambe lunghe e affusolate. Tra le sue amiche era la più alta: la poteva abbracciare senza inchinarsi, come invece faceva con le altre. Scambiarono quattro parole mentre Laura chiacchierava con Roberta e il marito. Gli disse di essere rimasta disoccupata perché la nuora si era riappropriata dei nipoti che aveva allevato fino all’età di tredici anni. Non proprio, pensò Enrico che aveva saputo da Roberta che Giulia viveva a Pistoia con figli, nuore e nipoti in una grande casa di campagna alla periferia della città. Dopo qualche minuto di conversazione a cinque, le solite cose che si raccontano all’inizio dell’anno, si salutarono con una stretta di mano. Enrico le disse «Arrivederci presto», nonostante l’ultimo incontro risalisse a quindici anni prima. Il penultimo, forse a venticinque anni prima, quando un’amica comune aveva organizzato un revival invitando gli amici dei vecchi tempi a una festa in grande stile nella mitica tavernetta della villa dei genitori. Giulia era, come si dice, una piacevole signora di una certa età. Il volto, fino all’ultimo incontro un grazioso ovale, si era un po’ appesantito, come quello delle nonne senza lifting. Una bella nonna, come ormai erano solo alcune delle vecchie amiche.
Nei giorni seguenti Enrico non smise di pensare a lei ricordando i tempi passati, come e dove si eravamo conosciuti, le uscite in compagnia, cinque ragazzi e tre “donne”, lei, Stella e Marilena, da tutti loro desiderate. Erano i tempi eroici quando era un gran successo stare mano nella mano con una ragazza al cinema, per non parlare di quando si riusciva a metterle un braccio sulla spalla dopo essere arrivati con una torsione del busto ad appoggiarlo per un po’ sulla parte superiore della poltrona. Che fatica! Gratificata però dalla soddisfazione di essere riusciti a farcela ed essere stati accettati. Abilmente, a turno le tre amiche facevano ingelosire i ragazzi che aspettavano religiosamente il loro momento. La paziente attesa si consumava sperando che le ragazze lanciassero loro uno sguardo prolungato, o li prendessero sottobraccio, o si sedessero sulle loro ginocchia durante una festa o, infine, facessero sentire i giovani seni in un ballo guancia a guancia. Tutto ciò era il massimo cui allora i ragazzi potessero aspirare. In seguito, altre donne entrarono a far parte della compagnia e il rapporto in numero con ragazzi si riequilibrò. Ma solo per un po’, perché furono ammessi altri ragazzi, attratti come falene dalle ragazze. Ad ogni modo, ogni fine settimana il divertimento era assicurato: una festa, una sciata, una gita, un’uscita in barca, una passeggiata, una partita a carte, un film. Dopo qualche anno, Giulia lasciò la compagnia. Non ancora diciottenne, si diceva che fosse innamorata di un ragazzo molto più vecchio di lei, quasi laureato, amico del fratello. Non si riuscì a capire come questo fosse possibile. Si diceva che, orfana di madre, stanca di vivere con la matrigna, avesse deciso di lasciare casa. Antonio, il fidanzato, le avrebbe dato certezza contro i tempi lunghi che le avrebbero potuto offrire i ragazzi della compagnia.
Passati tre anni, Arnaldo, l’organizzatore della compagnia, confidò a Enrico di avere ricevuto una telefonata da Giulia che gli aveva confidato che sarebbe uscita volentieri con loro due. Fu organizzata subito una serata al cinema cui parteciparono Arnaldo e Pietro con le loro ragazze, Enrico e Giulia. Quella sera lei indossava, come si usava allora, un golf girocollo di cashmere sotto un cardigan dello stesso verde bottiglia. Dal golf spuntavano due seni aggraziati, stupendi. Al cinema, in una sola sera accadde tutto come da cerimoniale: mano nella mano, braccio sulla spalla e, fuori programma, un bacio sulla guancia e … uno sulla bocca. Quella fu la prima volta che Enrico riuscì a baciare Giulia, o meglio che Giulia si lasciò baciare da lui. Ora era la sua ragazza: con lei e con gli amici andava a cena, al cinema, alle feste, in gita. Talvolta uscivano da soli, con il solo scopo di amoreggiare. A quei tempi non era uso fare all’amore prima di sposarsi, si amoreggiava o, come si diceva, si “limonava”, una certa intimità senza arrivare al dunque, cosa alla quale, secondo Enrico, Giulia non avrebbe mai acconsentito. Per consolarsi si era convinto che Giulia si fosse concessa al fidanzato e, desiderando fare una cosa seria con lui, non volesse ripetere lo stesso errore!
Una sera, in cerca di un posto tranquillo e non troppo isolato, risalirono il lago con la Volkswagen del fratello di Enrico e sostarono in una piazzola dove era possibile scorgere le luci sulla sponda opposta. Per stare più comodi si spostarono sul sedile posteriore dell’auto e, mentre si baciavano affettuosamente, non si accorsero che l’auto si stava spostando lentamente avvicinandosi pericolosamente alla riva del lago. Fu un momento drammatico perché sarebbero finiti male se un provvidenziale cordolo non avesse fermato il movimento dell’auto. Reinserita la marcia, che era entrata in folle con il passaggio ai sedili posteriori, e innestato questa volta il freno a mano, continuarono a limonare. Un sabato di febbraio, Arnaldo organizzò all’ultimo momentoun weekend in montagna cui parteciparono Enrico, Giulia e Alba,la sua ragazza del momento. Partirono per Gressoney dopo pranzo e arrivarono nel tardo pomeriggio con Giulia ed Enrico abbracciati sul sedile posteriore della Fiat 600 di Arnaldo. Giunti all’hotel, Giulia disse che non si sentiva bene e che sarebbe andata a letto senza cenare. Chiese a Enrico di passare a salutarla prima di andare a dormire. Dopo cena, mentre stava entrando nella camera di Giulia, Enrico fu raggiunto da un tizio – un sorvegliante? – che gli chiese chi fosse e se sapesse che non era consentito entrare nella camera di una ragazza che non fosse sorella o cugina. «Lo so, ma è solo per poco, la ragazza non sta bene», rispose Enrico ed entrò. Aveva la bocca impastata, a cena avevano mangiato polenta e stufato e bevuto un buon Gattinara. Si avvicinò a Giulia, le chiese come stesse, lei rispose un po’ assonnata, «Meglio, grazie, mi spiace tanto …», e gli assicurò di avere preso un’aspirina. La baciò sulla guancia che gli parse calda, da febbre.
Enrico pensò sempre che la gita a Gressoney fosse stata un’occasione mancata. Avrebbero potuto stare assieme tutta la notte. Ma tant’è, c’est la vie. Il destino così volle, anche perché la loro relazione finì in primavera quando Giulia gli disse che sarebbe tornata con Antonio che le aveva offerto di diventare suo marito in settembre. Le spiaceva tantissimo non continuare perché le era molto caro e gli era grata per gli splendidi mesi trascorsi insieme. Era però indispensabile che in breve tempo trovasse una sistemazione definitiva, cosa che lui non era ancora in grado di offrirle. Aveva ventidue anni, stava studiando all’università, mentre Antonio era laureato e stava pianificando la futura attività di imprenditore. Ci rimase male anche perché non Giulia diede una chiara spiegazione della decisione, sebbene fosse convinto che avesse un grande problema. Gli disse solo che la nonna, una signora austera che Enrico aveva conosciuto e che non destava simpatia, le aveva raccomandato di sposare Antonio. Non le chiese il motivo per cui qualche mese prima aveva lasciato il fidanzato per mettersi con lui. Pensava, infatti, che essendo stanca di Antonio e volendo rientrare nel giro della compagnia avesse scelto lui. Perché lui? Perché era il più bello, come diceva Marilena che era innamorata di lui? Inoltre, non prese mai in considerazione le dicerie degli invidiosi secondo cui si sarebbe messa con lui per fare ingelosire il fidanzato che dopo averla avuta non si decideva a sposarla. Così Giulia scomparve dalla sua vita. Arnaldo, suo grande amico, in seguito confermò che aveva avuto l’anello di fidanzamento da Antonio e che presto si sarebbe sposata.
Qualche tempo dopo l’incontro all’uscita della chiesa, Enrico ricordò che Giulia aveva detto che la sorella e il cognato andavano a trovarla a malapena una volta l’anno: «Non viene a trovarmi nessuno!». Avuto il numero di telefono da Roberta, decise di andare a Pistoia da solo, senza dire nulla a Laura, per evitare scenate di gelosia. Giulia viveva in una cascina ristrutturata, circondata da un grande giardino molto curato. Giunse con l’auto all’ingresso della casa dopo essersi annunciato al citofono del cancello. Era un bel pomeriggio di primavera e Giulia gli propose di prendere il tè nel gazebo, non molto distante dall’ingresso della casa. Nonostante fossero passati più di cinquant’anni dalla loro relazione, come accade per le grandi amicizie fu come si fossero incontrati la settimana precedente e non solamente tre volte di sfuggita in mezzo secolo. Per due ore rievocarono i vecchi tempi, gli amici, in particolare Arnaldo che Giulia ricordava con grande simpatia, scomparso qualche anno prima. Riandarono ai tempi del Liceo, alle feste con la musica dei Beatles, i Platters, Frank Sinatra e Paul Anka e alle passeggiate con gli amici in città e sulle colline. Giulia gli fece domande sulla sua vita, i figli, i nipoti, il lavoro, i paesi dove aveva vissuto con la famiglia. Poi, ricordando la loro relazione, breve ma intensa per entrambi, disse di essere molto dispiaciuta di averlo lasciato sebbene a quei tempi non avesse alternative. Si disse convinta che se avesse potuto attendere si sarebbero sposati e sarebbero stati molto felici. Conosciuti gli avvenimenti principali della sua vita gli confermò che sarebbe stato bellissimo essere sua moglie. «Sono lusingato dalle tue parole», rispose Enrico. «Devo però riconoscere che Laura, con la quale festeggerò quest’anno cinquant’anni di matrimonio, è stata ed è moglie, madre e nonna ideale per me, i figli e i nipoti». Mentre Enrico stava accomiatandosi, un bambino giunse di corsa in bicicletta, diede una grande frenata e, dopo averlo scrutato attentamente, chiese: «Nonna, chi è questo signore?». «È un amico di tanti anni fa, quando eravamo giovani. Gli ho voluto bene ma le cose non sono andate come avrebbero potuto. Si chiama come te, è nonno anche lui e avrebbe potuto essere tuo nonno!».