La terza via


Dalle cronache degli anni Venti del XXI secolo:

Alla fine di luglio del 2021 iniziò il semestre bianco nel quale il Presidente Mattarella, essendo giunto agli ultimi sei mesi del mandato, non avrebbe potuto sciogliere le Camere. Sei mesi dopo, martedì 25 gennaio 2022, Mario Draghi fu eletto Presidente della Repubblica Italiana al primo scrutino con 710 voti su 1.004 aventi diritto, 41 in più del quorum dei due terzi dell’assemblea dei senatori e deputati riuniti in seduta comune. Nell’imminenza dell’elezione il presidente del consiglio Ignazio Visco aveva raggiunto l’accordo con i leader della coalizione di governo per candidare al Quirinale l’ex presidente della BCE. All’inizio della trattativa Zingaretti aveva proposto Prodi, Renzi designato Franceschini e Salvini indicato Draghi nonostante Silvio Berlusconi fosse il candidato di Forza Italia. Mario Draghi assunse la presidenza della Repubblica il 31 gennaio 2022, il giorno stesso in cui era giunto a temine il mandato di Mattarella. Come da prassi Visco presentò le dimissioni a Draghi che gli confermò l’incarico di primo ministro del governo di coalizione conferitogli un anno prima da Mattarella. Il 28 gennaio 2021, al Senato, il governo Conte 2 era finito in minoranza alla votazione sulla relazione sullo stato della giustizia presentata dal guardasigilli Bonafede, capo delegazione 5Stelle, nella quale Italia Viva aveva votato contro con la destra. Il governo era andato sotto nonostante le integrazioni alla relazione, apportate all’ultimo momento, per andare incontro ad alcuni temi che stavano a cuore di Italia Viva e Forza Italia. In poco più di una settimana Conte non era riuscito a riunire in un gruppo un numero di senatori sufficiente a dare al governo la maggioranza assoluta al Senato, come richiesto da Mattarella affinché il governo, che si sarebbe detto Conte ter, potesse godere di una maggioranza stabile ad entrambe le Camere. A quel tempo si diceva che se fosse caduto il governo l’unica opzione sarebbero state le elezioni, paventate da tutti i partiti della sinistra perché avrebbero sancito il predominio della destra.

Così Conte fu costretto a salire al Quirinale a presentare le dimissioni con il presentimento che le cose non sarebbero andate bene e che sarebbe stato molto difficile ottenere un terzo incarico. Per questo aveva fatto il possibile per non rassegnare le dimissioni al buio, in assenza di una crisi pilotata. Mattarella accettò le dimissioni con riserva e aprì le consultazioni. A seguito di due giri di incontri si formò la convinzione che l’unica strada percorribile per uscire dalla crisi fosse un governo di coalizione presieduto da un tecnico di valore. Da abile politico qual è concertò l’accordo tra PD, Lega, Italia Viva e Forza Italia in modo che si creasse una coalizione duratura fino alla fine della legislatura, tale da dare la stabilità richiesta dal paese e gestire nel modo migliore i fondi europei della Next Generation, cruciali per conferire una svolta epocale al paese. Come Scalfaro chiamò Ciampi, così Mattarella ringraziò Conte e convocò Ignazio Visco, settantaduenne governatore di Banca d’Italia dal 2011, e gli conferì l’incarico di presidente del consiglio dei ministri. I ministeri furono suddivisi equamente tra i partiti della coalizione. I 5Stelle passarono all’opposizione e così fu per Leu, a causa della granitica contrarietà di Bersani. Fratelli d’Italia vi rimase in attesa di rifarsi con le elezioni del 2023.

La coalizione ebbe come sponsor: Giorgetti della Lega, che l’aveva ispirata; Bettini del PD, che dovette ricredersi poiché aveva sentenziato che l’unica alternativa a un Conte Ter sarebbero state le elezioni; Gianni Letta e Berlusconi, che da tempo volevano spostarsi al centro e, infine, Renzi, che così sarebbe rientrato in gioco in carrozza. Il governo, anche senza l’apporto dei partiti minori guidati da Toti, Calenda e altri, poteva godere della maggioranza assoluta alla Camera e al Senato. Il governo presieduto da Visco era l’ultima delle tre combinazioni, a due, dei tre partiti principali residuata dopo 5Stelle+Lega e 5Stelle+PD. Era realmente l’ultima spiaggia per non andare alle elezioni. Fu un vero è proprio governo di centro destra che qualcuno avrebbe poi spacciato per governo di unità nazionale. Fu ben accetto da tutti, in particolare dall’establishment perché avrebbe consentito il controllo sulla gestione dei fondi europei, la stabilizzazione del quadro politico e il controllo dell’elezione del Presidente della Repubblica. La nuova coalizione fu la manna per la Lega, in particolare per Salvini che si rifece la reputazione come salvatore della Patria riaccreditandosi al contempo al cospetto della UE – il suo comportamento fu apprezzato da Merkel e Von der Leyen – e reinserendosi così con peso determinante nell’elezione del Presidente della Repubblica. A questo proposito: Draghi non aveva aderito all’invito ad assumere l’incarico di premier offertogli da Mattarella ma aveva dato il viatico alla formazione della nuova coalizione. Inoltre, aveva suggerito a Mattarella di offrire l’incarico di premier a Visco, tecnico di altissimo valore soprattutto idoneo a governare la complessità della gestione dei fondi Next Generation.

E Conte? La sua partecipazione alla vita pubblica si concluse alla fine di gennaio 2021, dopo poco più di due anni e mezzo. Pur non disponendo all’inizio di alcuna esperienza politica e manageriale ottenne risultati rilevanti nel contrastare la prima ondata della pandemia Covid-19 e nella trattativa con l’UE per l‘ottenimento dei fondi Next Generation, risultati che gli permisero di raggiungere un altissimo consenso popolare. Anche per questo aveva creduto di poter concorrere all’elezione del Presidente della Repubblica ma con l’uscita dei 5Stelle dalla coalizione di governo questa possibilità tramontò. Pensò poi di costituire un partito come fecero Dini e Monti ma alla fine fu dissuaso da molti, in particolare da Bettini al quale nutriva rispetto.

La pandemia? Nonostante le vaccinazioni contro il virus, l’immunità di gregge fu raggiunta solamente alla fine del 2021. Non ebbe influenza sulle vicende politiche per la formazione del governo Visco avvenuta verso la fine della seconda ondata, a distanza di quasi un anno dalle prime manifestazioni del contagio nell’aerea bergamasca.

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