Da un articolo apparso sul Corriere della Sera del 10 dicembre 2020:
Partendo dalla Lombardia e da inizio settembre, il primo dato che balza all’occhio è la discesa dell’indice Rt fino al valore di 1.0 a fine mese e la sua rapida risalita a partire dall’inizio del mese di ottobre. Considerazioni simili si possono fare a livello nazionale dove Rt era sceso a circa 1.15 a fine settembre. Se teniamo in considerazione il fatto che il numero di infetti rappresenta l’effetto di dinamiche sociali risalenti a una decina di giorni precedenti, risulta evidente come la rapida ripresa del contagio avuta dall’inizio di ottobre e che identifichiamo come “seconda ondata” non sia dovuta ai comportamenti estivi, bensì a quanto è accaduto nelle nostre città a partire da metà settembre, vale a dire alla riapertura degli uffici e alla ripresa dell’attività scolastica: non tanto o solo per i contatti all’interno degli edifici e delle scuole, quanto anche per l’affollamento sui mezzi pubblici e, in generale, per una ripartenza priva di un’adeguata programmazione.
Per convalidare la conclusione cui perviene l’articolo è opportuno considerare che il sistema della mobilità in una città metropolitana come Milano può essere rappresentato in una figura dove attorno a un grande cerchio, che rappresenta le abitazioni dei cittadini, sono disposte a raggiera su una circonferenza ideale le possibili destinazioni, tanti piccoli cerchi, ciascuno collegato da una linea al centro del grande cerchio e tra loro collegati. Rappresentano scuole, uffici, fabbriche, lavoratori autonomi (idraulici, fabbri, elettricisti …), artigiani (falegnami, parrucchieri, estetisti, …), negozi e supermercati, ospedali, ambulatori, cliniche, caserme, chiese e altri luoghi di culto, ristoranti, bar, alberghi, cinema e teatri, palestre, stadi e palazzetti dello sport, luoghi di manifestazione all’aperto. In un’area metropolitana la mobilità è assicurata dal sistema dei trasporti che collega abitazioni e destinazioni e le destinazioni tra loro, come fosse una ragnatela, ed è costituito dalla rete stradale percorsa da auto e mezzi di trasporto privati e pubblici, quali autobus, filobus e tram e, sottoterra, dalla metropolitana. Nel periodo scolastico il sistema dei trasporti è al limite dell’equilibrio, quasi della precarietà. Basti pensare all’intasamento della rete stradale e metropolitana nelle ore di punta della mattina per la presenza di mezzi privati e pubblici strapieni di passeggeri. L’intasamento si riduce molto al fuori dal periodo scolastico e, moltissimo, nel periodo estivo, quando la mobilità è più che accettabile.
In generale, gli spostamenti giornalieri di una persona potrebbero essere rappresentati da un percorso ad anello – che ha inizio e fine nell’abitazione – su cui sono poste diverse destinazioni, dette stazioni (ad esempio: un anello casa>lavoro>tavola calda>cinema>pizzeria>casa). Il collegamento con/tra le diverse stazioni dell’anello è assicurato da auto e altri mezzi privati (esempio scuolabus), mezzi pubblici, motocicli e biciclette, e … pedibus calcantibus. Più sono le stazioni presenti in un anello, maggiori le interazioni possibili con altre persone. Ovviamente chi non esce di casa non genera un anello e le sue interazioni sono confinate alle persone ivi presenti e agli eventuali contatti con fornitori e visitatori. Chi esce di casa può essere contagiato non solo alle stazioni ma, soprattutto, sui mezzi di trasporto e tra questi, principalmente, i mezzi pubblici. Dall’inizio della pandemia per contenere la diffusione del contagio il governo ha fatto obbligo ai cittadini di indossare mascherine e mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro. Tale distanziamento (in altre nazioni di due metri) è fondamentale per aumentare la protezione al contagio anche in presenza di mascherine, specialmente le chirurgiche, che danno una protezione inferiore alle FFP-2 o 3, molto più costose e quindi meno usate. È poi noto che alcune persone non indossano sempre la mascherina e altre ne fanno un uso improprio. Modalità di distanziamento diverse sono state imposte a secondo della tipologia dei luoghi chiusi, in primis le scuole dove sono state profusi risorse e mezzi ingenti.
In presenza di pandemia galoppante l’affollamento costituisce un grave problema perché è la prima causa di contagio. Il distanziamento, che non è possibile mantenere durante le manifestazioni di piazza o la movida, potrebbe essere controllato più facilmente nelle chiese, caserme, cinema, teatri e, in minor misura, nei ristoranti, bar, pub. Non è così sui trasporti pubblici, quasi ermeticamente chiusi e più che affollati nelle ore di punta, per i quali dovrebbe essere imposta una riduzione importante dell’affollamento anche se difficile da ottenere e, soprattutto, controllare. Non essendo possibile aumentare la capacità dei mezzi pubblici in poco tempo, fu richiesto, non immediatamente, di ridurre la percentuale di affollamento dei mezzi pubblici all’80% mediante l’incremento del numero e tipologia dei mezzi di trasporto. Con un successivo decreto fu imposto di limitare la percentuale di affollamento dei mezzi pubblici al 50%. In base a dati statistici relativi alla tipologia dei mezzi di trasporto e alla loro occupazione la riduzione dell’utilizzo dei mezzi pubblici al 50% richiederebbe: (i) che le persone non escano di casa se non per andare al lavoro o per acquistare alimenti; (ii) che sia attuato il lavoro a distanza nelle aziende, nella PA e nelle PMI; (iii) che sia applicata la didattica a distanza nelle scuole secondarie inferiori, superiori e università limitando la tradizionale alle scuole materne, primarie ed elementari; (iv) che sia disposto lo scaglionamento dell’ingresso agli uffici e, ove possibile alle fabbriche e alle attività lavorative.
Alla luce di quanto sopra appare evidente la limitata utilità di avere profuso risorse e mezzi ingenti nell’adeguare gli ambienti scolastici al distanziamento e non avere invece (a) ridotto radicalmente l’affollamento dei mezzi pubblici adottando le misure sopra accennate e (b) potenziato per tempo la didattica a distanza mediante la formazione dei professori e la messa a disposizione di pc e tablet agli studenti. La radice del problema risiede nella mobilità, in gran parte nel sistema dei trasporti pubblici. Infine viene da pensare che la decisione di chiudere gli esercizi per i quali erano già state imposte regole stringenti, tra l’altro da questi già adottate, quali chiese (inizialmente), teatri, cinema, sia stata presa non solo per una maggior tutela della lotta al contagio ma con l’intenzione di ridurre, limitatatmente, l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici.
Sono molto d’accordo, tutto risiede nel non aver potenziato i mezzi pubblici e nel non averne ridotto tempestivamente la capienza. Grazie Edoardo ☺️
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