NOS MANAGEMENT é disponibile presso Amazon e le librerie online e fisiche di Mondadori, Hoepli, Feltrinelli, ibs.it.
Una volta cliccato sul link con una delle librerie, inserite in “cerca” Edoardo Noseda e troverete tutti i libri da me pubblicati. Buona lettura. 👍
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L’editing del racconto è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.
NOS MANAGEMENT, di poco più di 100 pagine, conta trenta capitoli snelli che, toccando temi diversi, vogliono rappresentare la mia visone del management nel lavoro e nella vita. La copertina del libro è stata realizzata dall’arch. Renato Restelli, collega e amico.
NOS MANAGEMENT fu stampato e distribuito nel 2008 in 1.200 copie ad amici e conoscenti con il fine di ottenere donazioni per la Fondazione Ariel. Nonostante il tempo trascorso, ritengo che dalla sua lettura si possa trarre un insegnamento valido ancora oggi.
Di seguito l’Indice del libro e un estratto dei quattro capitoli segnati in grassetto. L’editing è differente da quello del libro a causa dei diversi programmi di scrittura.
INDICE
Prefazione | 11 |
Premessa | 13 |
I killer delle aziende | 15 |
Leggere e scrivere | 18 |
Gioco di squadra | 19 |
Stella e anello | 21 |
Lo staff del CEO | 23 |
Le tre “P” | 25 |
Urgenza e importanza | 28 |
Verbali e note di riunione | 29 |
Il Computer | 31 |
Segretaria e assistente | 35 |
Lo spirito Techint | 37 |
Mezzi di comunicazione | 40 |
Fare e non fare | 44 |
Uomo-uomo e uomo-macchina | 46 |
L’esperienza messicana | 49 |
Aneddoti messicani | 52 |
Superficialità e pignoleria | 58 |
Commuting e telelavoro | 60 |
L’essenza della mia attività | 62 |
The young Project Manager | 65 |
Realizzazione e gestione | 67 |
Tempi, costi e qualità | 69 |
Le cose impossibili | 71 |
La roulette russa | 73 |
Vettori e valori | 75 |
Il Principio di Peter | 77 |
La Legge di Parkinson | 81 |
La Legge di Murphy | 85 |
Paradossi, spunti e riflessioni | 89 |
Appendice: Intervista a NOS | 93 |
I KILLER DELLE AZIENDE
Quali sono i principali segnali di deterioramento di un’azienda? È possibile porre rimedio alle manchevolezze che potrebbero causare la fine prematura di un’azienda o,perlomeno, del suo management? Quali sono i rimedi da attuare?
La mancanza di organizzazione
Una buona organizzazione è fondamentale per il successo di un’azienda. In generale le aziende dispongono di manuali e di procedure organizzative che, molte volte, non sono applicate. L’azienda è così gestita, nei migliori dei casi, con criteri dettati da convenienze o da personalismi. È come una barca dove il timone è nelle mani di chi gli passa vicino.
La mancanza di definizione dei ruoli nell’ambito del management
È la madre della mancanza di organizzazione. L’azienda in cui non sono codificati o in cui non si conoscono i ruoli del management è come una barca dove l’equipaggio non conosce lo skipper. Poiché l’organizzazione non può essere imposta per legge (almeno nei paesi latini) la sua applicazione deve essere promossa costantemente dal management. È invece compito dell’azionista definire i ruoli del ma-nagement e informare adeguatamente e tempestivamente i dipendenti dell’azienda.
La mancanza di metodo
Molte volte è possibile percepire nelle azioni dei colleghi, specialmente dei più giovani, la mancanza di metodo nel portare avanti le attività. Alcune volte la mancanza di metodo obbliga le persone a procedere per tentativi, seguendo più l’impulso che il raziocinio. In questo caso il bilancio finale può essere negativo in termini di maggiori costi e tempi e, in alcuni casi, di minore qualità. Alcune aziende, seguendo l’esempio USA, utilizzano da tempo procedure di lavoro che precisano in dettaglio “che cosa, come e quando fare”. Altre aziende affiancano le nuove leve a personale con esperienza in modo che l’apprendimento avvenga “sul campo”.
La superficialità di approccio
Talvolta, anche persone con esperienza affrontano la soluzione dei problemi in modo superficiale. Queste persone ritengono che, nonostante sia loro noto il metodo di lavoro, sia opportuno semplificare le procedure poiché l’argomento non merita tanta attenzione. La superficialità di approccio può essere contagiosa, soprattutto per i più giovani che potrebbero credere che sia possibile bypassare facilmente le procedure.
La mancanza di metodo e la superficialità di approccio sono un grave handicap per l’azienda di oggi, destinata a competere a livello globale. Il management deve assicurarsi, anche con una supervisione stretta, che il personale applichi una metodologia di lavoro e di approccio alla soluzione dei problemi la più possibile aderente a quella prevista dalle procedure. Inoltre, il management deve comunicare, chiaramente e nei tempi adeguati, gli obiettivi da raggiungere.
La mancanza di chiarezza nella definizione degli obiettivi
La definizione degli obiettivi è di competenza del management e, in generale, dei capi. La mancanza di chiarezza, in questo caso, potrebbe dipendere da una visione limitata della problematica da affrontare, a sua volta figlia della mancanza di trasparenza nei rapporti e della limitata circolazione dell’informazione.
La mancanza di trasparenza nei rapporti
La trasparenza nei rapporti con i capi, con i colleghi e con i collaboratori dovrebbe essere un must per l’azienda. Ciononostante, alcuni ritengono che tale affermazione sia riferibile a un’azienda ideale e non all’azienda d’oggi.
La limitata circolazione dell’informazione
La trasparenza e la circolazione dell’informazione sono indispensabili per la gestione moderna dell’azienda. La mancanza o la non completa disponibilità di informazione si traduce, nel migliore dei casi, in una perdita di tempo e, talvolta, in una perdita economica.
I limitati rapporti interpersonali
Nell’ambito di un’azienda l’esistenza di chiari e consolidati rapporti interpersonali tra i dipendenti è indice di clima positivo e di forte determinazione del management. I rap-porti basati sull’opportunità sono immediatamente perce-piti come tali dai dipendenti e non apprezzati.
La trasparenza è il denominatore comune dei rapporti inter-personali e dell’informazione. I rapporti interpersonali devono essere aperti e schietti. È il management che deve dare il buon esempio. L’informazione non riservata deve essere accessibile agli addetti ai lavori senza limitazioni.
STELLA E ANELLO
Due, principalmente, sono gli stili di management nelle relazioni con i collaboratori: il primo è detto “stella”, il secondo “anello”.
Lo stile stella è caratterizzato da incontri diretti tra il capo e i singoli collaboratori. Il capo, che è al centro della stella, è l’unico ad avere la conoscenza e la visione globale dell’insieme dei temi. I collaboratori, ossia le punte della stella, conoscono unicamente i temi di loro competenza e hanno una conoscenza limitata dell’insieme, basata su quanto loro trasmesso dal centro stella. Da notare che, in non pochi casi, alcune punte della stella hanno rapporti di lavoro con le altre punte.
Lo stile anello è caratterizzato da riunioni di gruppo tra il capo e i diretti collaboratori, attorno a un tavolo. Nelle riunioni il capo comunica loro le nuove iniziative e li aggiorna in merito ai progetti in corso di realizzazione e agli obiettivi da raggiungere. Il capo, dopo avere introdotto i temi della riunione, entra negli argomenti, alcune volte li appro-fondisce, e discute con i singoli collaboratori le azioni da intraprendere, in presenza dei colleghi. In tale modo ciascun partecipante all’anello è a conoscenza delle attività dei colleghi, le quali, in molti casi, hanno un diretto collegamento con quelle di propria competenza.
Sono sempre stato partigiano dello stile “anello”. Più volte ho constatato che, in presenza dei colleghi il coinvolgimento dei collaboratori stimola notevolmente la loro disponibilità alla partecipazione. La gran parte dei collaboratori apprezza lo stile anello soprattutto perché consente di comprendere meglio che cosa, come, quando e perché fare per raggiungere un obiettivo.
È necessario, però, che le riunioni dell’anello siano limitate nella frequenza, nel numero dei partecipanti e nella durata. A tale ultimo scopo le riunioni dovrebbero essere organizzate con la preparazione di un Ordine del Giorno e di note o memoranda sui temi da trattare, da circolare ai partecipanti con sufficiente anticipo rispetto al giorno della riunione.
Lo stile stella ha un’origine antica. Nato nelle botteghe degli artigiani, dove il sapere era nelle mani del capo e chiuso in un cassetto non accessibile agli apprendisti, si è trasferito nelle fabbriche dove i capi operai custodivano gelosamente il loro sapere, che trasmettevano singolarmente a pochi eletti. Dalle fabbriche il metodo si è trasferito agli uffici delle aziende industriali e da queste ad altre aziende, nelle quali il potere del capo è ancora oggi rappresentato dall’accentramento dell’informazione.
La trasparenza e la circolazione dell’informazione, essenziali per la gestione moderna dell’azienda, non sono bene accette negli ambienti dove si applica lo stile stella. In compenso, i collaboratori del capo passano un tempo non trascurabile a farsi ragguagliare dai colleghi su argomenti a loro non sufficientemente noti (“vengo a prendere un caffè con te”). La mancanza di informazione produce, nel migliore dei casi, una perdita di tempo per l’aggiornamento dell’argomento, che si riflette molte volte in una perdita economica indiretta.
SUPERFICIALITÀ E PIGNOLERIA
“Secondo te gli islamici sono solo arabi?”.
“Mah, direi di sì”.
“E, secondo te, gli arabi sono tutti islamici?”.
“Beh, penso proprio di sì”.
Bene, le due risposte non sono esatte. La prima perché gli islamici, oltre ad essere arabi, possono essere, ad esempio, indiani, indonesiani, malesiani. La seconda perché gli arabi non sono tutti islamici ma possono essere, ad esempio, cristiani, copti o cattolici. Per verificare l’esattezza delle risposte basterebbe aprire un atlante geografico alla sezione dedicata alle religioni.
La critica è, in generale, quella di essere troppo precisi e di volere spaccare il capello in quattro. Ma, è troppo preciso chi ha chiarito la definizione di islamici e di arabi oppure, invece, è superficiale chi ha dato risposte imprecise alle domande? In generale, quando un’asserzione viene presentata con proprietà e chiarezza il relatore rischia di essere considerato un pignolo, ovvero una persona esageratamente precisa.
La superficialità, purtroppo, oggi è presente non solo nella vita quotidiana ma anche nel lavoro e, talvolta tende a insinuarsi negli ambienti tecnici, dove è sempre stata bandita perché foriera di errori di progettazione e, in alcuni casi, di fabbricazione e di costruzione. Inoltre, è da immaginare il danno che potrebbe derivare da un approccio superficiale alla pratica medica, diagnostica e clinica. Per non parlare dei problemi che si potrebbero creare nell’ambito della ricerca scientifica o, in particolare, della didattica, dove l’approccio superficiale da parte degli insegnanti creerebbe un effetto a cascata sugli studenti. La superficialità ha perciò un costo sociale importante non direttamente misurabile. Inoltre, le cose fatte in modo superficiale devono essere rifatte. In questo caso, il costo del rifacimento è evidente e valutabile.
La superficialità si sposa con l’approssimazione e con la mancanza di pianificazione delle attività da eseguire. È difficile che una persona superficiale abbia la pazienza e la capacità di approfondire quali sono le attività da compiere, la loro sequenza e i tempi di attuazione previsti. Anche la superficialità con la quale vengono affrontati i temi quoti-diani può determinare costi indiretti importanti. Se uno studente universitario dell’ultimo anno non pianificasse bene la sessione di esami potrebbe ritrovarsi a rimandare alla successiva sessione gli esami che intendeva sostenere e, quindi, a ritardare la laurea.
Vale la pena essere superficiali? Sicuramente no. Ma, altrettanto sicuramente, si fa minore fatica, si presta minore attenzione e quindi si è meno impegnati. Il minore impegno costituisce una grande attrattiva ed è forse il motivo per cui in questi tempi la superficialità è in aumento.
LE COSE IMPOSSIBILI
Dice un proverbio cinese: le cose impossibili sono richieste da coloro che non sanno come realizzarle e sono realizzate da altri che pensano di non essere in grado di condurle in porto.
“Dobbiamo sottoscrivere il contratto di appalto per la realizzazione delle opere civili”, dice il Project Manager di un importante progetto al suo assistente. È necessario, però, che l’ing. Fantoni accetti una riduzione del 6% dell’importo dei lavori”.
“Sì”, risponde l’assistente. “Avendo però partecipato alla trattativa ritengo che sia praticamente impossibile che Fantoni accetti. La discussione sui prezzi è stata lunga e laboriosa e abbiamo già ottenuto consistenti riduzioni”.
“Non importa, per noi l’ulteriore riduzione del prezzo è troppo importante per il mantenimento del budget della commessa. D’altra parte, ritengo che la nostra proposta possa essere accettata. Quindi, per favore, contatta Fantoni e vedi di raggiungere l’accordo in tempi brevi”.
“Sì, però …”.
“Non preoccuparti, contatta Fantoni”, conclude il Project Manager.
L’assistente, abituato a risolvere ogni tipo di problema per conto del capo, risponde che farà tutto il possibile, essendo in cuor suo quasi certo di non riuscire a smuovere l’ing. Fantoni sulla riduzione dell’importo dei lavori. Dopo una serata trascorsa a valutare possibili approcci alla trattativa, la mattina prima del risveglio l’assistente ha un’ispirazione. Contatta Fantoni, lo informa della richiesta, gli suggerisce come fare per la riduzione dell’importo dei lavori e chiarisce che l’accettazione della richiesta è essenziale per arrivare in tempi brevi alla sottoscrizione del contratto. Dopo una pausa, Fantoni accetta chiedendo in cambio che la firma del contratto avvenga entro il termine massimo di 15 giorni. È un grande successo per l’assistente del Project Manager che si reca dal capo e racconta sinteticamente com’è arrivato all’accordo. “Bene” commenta il Project Manager “te l’avevo detto che ce l’avresti fatta”.
Talvolta, i capi chiedono ai collaboratori di raggiungere obiettivi che sono veramente difficili da ottenere o che, addirittura, sembrano impossibili. Per contro, in generale, le persone tendono a sottovalutarsi rispetto ai compiti che vengono loro assegnati. Soprattutto all’inizio della carriera non riusciamo a valutare bene la nostra capacità di risolvere situazioni che appaiono difficili soprattutto perché poco o per niente conosciute.
Nonostante l’insegnamento del “Messaggio a Garcia”, sono sempre stato partigiano della completezza della delega, soprattutto a favore di un più immediato raggiungimento dell’obiettivo: informare bene il delegato, spiegandogli le motivazioni, e dotarlo degli strumenti per ottenere il risultato come se fossimo noi a doverlo conseguire. Devo però confessare che, soprattutto negli ultimi anni, ho delegato la soluzione di problemi ad alcuni collaboratori, con una certa esperienza, senza fornire troppe spiegazioni, dicendo loro semplicemente “Vedrai, sono sicuro che otterrai il risultato”. E devo ammettere che, in generale, anche questo approccio funziona.